top of page

Mura e porte greche, romane e medievali

da F. Barigelletti, I Sedici Forti di Ancona.

Integrazioni da M. Natalucci, Le antiche porte di Ancona

e da www.ancondorica.net

 

Periodo greco

Com'è ormai noto ai più, le estreme propaggini settentrionali del Conero furono interessate da stanziamenti di popolazioni preistoriche in epoche ben anteriori allo sbarco dei celebri coloni Siracusani che fonderanno Ankòn. Tuttavia, in questa sede, ci occuperemo della storia militare cittadina dall'avvento dei Dori Siracusani. Il porto era stato ricavato nella baia naturale protetta dalle rupi del Guasco e da quelle di S. Clemente, nell'area attualmente occupata da Fincantieri. Sopra di esso, sulla cima del Guasco, si trovava l'Acropoli con i suoi templi ed i suoi spazi pubblici, circondata dalla città vera e propria. Questa era compresa in una cinta muraria che, partendo dal versante occidentale del colle Cappuccini scendeva fino allo spazio attualmente occupato dalla piazzetta all'incrocio tra via Fanti e via del Faro e di lì si abbassava ulteriormente fino a trovare un'altra svolta nei pressi dell'odierno Palazzo degli Anziani; di qui poi andava a cingere le propaggini del colle Guasco. Contro ogni ragionevole aspettativa, se si considera che il perimetro appena descritto insiste su di un'area oggi in pieno centro, interessata perciò nei secoli da chissà quali e quanti rimaneggiamenti urbanistici, resistono ancora resti visibili della cinta muraria di quasi duemilacinquecento anni fa. Scendendo da piazza Stracca per quel caratteristico percorso chiamato via Volto dei Seniori (nei pressi del nuovo ascensore all'interno del Palazzo degli Anziani) ed imboccando la traversa per la Fonte del Filello, si noterà ad un certo punto una vistosa discontininuità sul muro di contenimento del vicolo stesso: la regolare trama dei mattoncini cede il passo a dei grossolani e robusti blocchi di pietra, il segno lasciato da una fortificazione di più di due millenni fa. Per ciò che riguarda i resti militari tangibili del periodo greco, non ci sarebbe altro da aggiungere, ma è opportuno spendere qualche parola su un sito forse anche più nevralgico di quello appena visto. Come accennato poco fa, la cinta muraria subiva un brusco cambio di direzione nell'area dell'attuale piazzetta tra via Fanti e via del Faro. Trovandoci oggi in questo luogo, ci si presenta il fragile rimasuglio di un arco distrutto durante l'ultima guerra nelle forme di un archetto largo e ribassato, sotto il quale dobbiamo transitare per imboccare via Birarelli. Conosciuto ai più come Arco di S. Anna per via dell'omonima chiesa situata un tempo nei pressi, è anche noto come Porta Cipriana, così detta dalla Dea Cupra, venerata dai Piceni, o dalla stessa Venere, signora di Cipro, a cui i coloni siracusani dedicarono un solenne tempio sull'alto dell'Acropoli. Ritroviamo tale denominazione, infatti, nei documenti del Medio Evo a proposito della chiesa di S. Anna in via Fanti, distrutta nella recente guerra, che fino agli inizi del secolo XVI era intitolata Santa Maria in Porta Cipriana. Oggi porta Cipriana appare solo come un esile archetto apparentemente privo di ogni importanza storica, ma prima delle immani distruzioni della recente guerra l'antica porta era ricordata da un arco (o volto), che serviva di passaggio tra le abitazioni dell'una e dell'altra parte parte di via Fanti. La struttura giunta fino a noi non è certamente di origine greca bensì moderna, tuttavia occorre sottolineare che per più di duemila anni si sia conservata la memoria e, se vogliamo, anche l'aspetto di un sito così antico.

 

Periodo romano e medievale

Di qui in poi, racchiudere la storia delle nostre fortificazioni entro i confini severi della periodizzazione si fa più arduo in quanto le trasformazioni e le innovazioni architettoniche si sono susseguite praticamente senza soluzione di continuità: per ogni secolo possiamo registrare, per ciò che ci riguarda, più di un rinnovamento edilizio. Ben difficile diviene altresì scindere il periodo romano da quello medievale, viste sia la mancanza di testimonianze tangibili, sia la sovrapposizione tra le relative cinte murarie. Ancona fu infatti ricca e fiorente in età traianea, così come decadde drammaticamente nell'era successiva, seguendo una sorte del resto comune a tutte le città in pianura o facilmente raggiungibili. Dopo un'epoca di espansione edilizia che portò le mura romane a cingere una zona ben più ampia di quella precedente, l'Ancona medievale arroccò di nuovo entro il perimetro greco per uscirne solo secoli più tardi e tornare alla configurazione traianea. Tracce della presenza del perimetro cittadino di quell`epoca remota rimangono nelle due porte realizzate lungo il suo tracciato: la Porta S. Pietro, o Porta Ferretti, o Porta Farina - popolarmente Arco de Garola - e l'arco compreso nel palazzo della Prefettura, detto del Rastrello. Non c'è bisogno naturalmente di precisare che i due fornici non sono opere di architettura romana in quanto questo è di per sé ben evidente. Così come nel caso di Porta Cipriana per le mura greche, però, queste due porte individuano ancora oggi la fisionomia dell'Ancona di duemila anni fa. Si rende allora subito palese almeno una parte del tracciato delle mura romane che, partendo dalla zona dell'anfiteatro raggiungevano ed inglobavano l'antica Porta Cipriana, proseguendo poi lungo l'attuale via Fanti fino a subire una brusca svolta nei pressi di Porta S. Pietro, in corrispondenza dalla antica Tagliata, forte depressione del terreno nell'area occupata oggi da Piazza del Plebiscito. Di qui, infatti, si dirigevano verso S. Maria della Piazza coincidendo con il lato settentrionale di Piazza del Papa, creata successivamente colmando l'antico fossato. L'Arco de Garola apriva la città all'importante via che attravero il Conero scendeva a Numana e che nei tratti degli attuali corso Matteotti e Amendola era fiancheggiata da tombe e sepolcreti. Per un esempio, si veda la tomba in via Matteotti 62, all'angolo con via Indipendenza. Dall'Arco del Rastrello, si introduceva nell'abitato la via che attraverso l'Astagno si collegava alle diramazioni della Flaminia e della Salaria.

 

 

Secolo XII

Nel secolo XII, Ancona disponeva di un tale apparato difensivo da essere considerata fortissima, come confermato da Boncompagno da Signa nella sua Cronaca dell'assedio di Cristiano Magonza. Visitando la città, egli affermava che essa era cinta da moenia, muros e antemuralia, vale a dire più ordini di mura e che pur essendo modica, era popolosa, contando più di diecimila abitanti. Opere notevoli dell'Alto Medioevo furono certamente le torri di avvistamento edificate in gran numero lungo l'arco portuale. Ancora riscontrabili nel quindicesimo secolo, dovevano costituire, oltre che una valida opera di difesa, anche un elemento caratteristico dell'aspetto scenico della città. Queste torri poggiavano su basamenti costituiti da doppi archi a sesto acuto, la cui successione si pensa costituisse un camminamento il quale, a sua volta, sarà il nucleo originario della Via del Porto, rinominata in anni recenti Via Saffi. Di questa strada, arteria storica di Ancona, non rimane praticamente nulla, se non alcuni palazzi edificati nel dopoguerra sul suo tratto iniziale. Lungo il suo itinerario ideale, però, percorso oggi in parte dal Lungomare Vanvitelli, restano cospicue testimonianze di tre delle numerose torri un tempo ivi collocate. Nel cortile della caserma della Guardia di Finanza è infatti situato un doppio volto, fino alla guerra conosciuto come Arco Nappi o Volto Russi, oggi usato come passaggio tra i due plessi della moderna struttura militare in cui è inglobato. Purtroppo non fruibile dalla cittadinanza in quanto rinchiuso in una zona militare, il volto si conserva in buono stato e reca ancora al suo interno una lapide risalente al XII secolo. Poco più a nord, accanto all`Istituto Nautico, una struttura simile, di cui resiste pero solo una delle due arcate, ci si presenta completamente abbandonata ma tuttavia in buono stato. Questa era conosciuta come Porta Capoleoni. Peccato che la ricostruzione seguita alle distruzioni belliche abbia relegato quest`opera ad un`area poco idonea a valorizzarne i pregi. Tornando a ritroso, invece, un'altra traccia ci si presenta dinanzi allorché osserviamo il campanile di S. Maria della Piazza: risalta subito, infatti, il materiale di costruzione usato per la parte bassa della torre campanaria, la quale è ricavata direttamente nel basamento di un'opera difensiva analoga alle altre sopra citate.

 

Secolo XIII

Il XIII secolo segnò per Ancona il rilancio urbano: nuove opere tra cui naturalmente quelle militari furono approntate e la città mutò rapidamente fisionomia per adattarsi al riconquistato ruolo di florida città mercantile. La cinta muraria travalicò finalmente i confini della Ankon romana per andare ad inglobare parte delle pendici settentrionali del colle Astagno e difendere il porto, dove altre decisive fortificazioni furono realizzate. Ancona si avviava così ad assumere quella caratteristica forma allungata in senso nord-sud immortalata dalla celeberrima pianta del Fontana e dalle successive innumerevoli copie. La nuova cinta infatti, partendo come le due precedenti dalla zona anfiteatrale, scendeva ricalcando grosso modo il percorso seguito dalle mura romane verso Porta S. Pietro, edificata proprio in questo periodo. Qui la cinta romana aveva la sua brusca deviazione ed andava a concludersi al porto. Le nuove mura, invece, non subivano alcuna svolta, bensì oltrepassavano finalmente la Tagliata, proseguivano fino ad attraversare la sottostante valle della Pennocchiara circa all'altezza dell'attuale via Leopardi e si arrampicavano fino all'odierna via Barilari, dove subivano finalmente una deviazione verso le rupi dell'Astagno. Seguendo poi il lato mare della contemporanea via Cialdini, raggiungevano l`arco portuale per cingere il Guasco. A seguito dell'allargamento delle mura, è costruita la porta di San Giovanni al Calamo o arco della Serpe, vagamente in corrispondenza dell'attuale mensa di Padre Guido, all'incrocio tra via Pescheria e corso Mazzini. Era così detta perchè permetteva di raggiungere sia la fontana del Calamo (o delle Tredici Cannelle) sia l'insigne abbazia di San Giovanni Battista in Pennocchiara; essa si trovava nei pressi dell'attuale chiesa di San Biagio e fu demolita nel 1768 nella nuova sistemazione della via Calamo o, oggi, corso Mazzini. La porta era anche detta della Serpe non tanto per il pericolo di incontrare dei serpenti, quanto invece per l'espressione salire in serpa, ovvero sul carro trainato dai cavalli. Altra porta fu eretta oltre Sant'Agostino, per l'ingresso dalla così detta via Cameranese o dell'Angara, e fu detta porta di San Giacomo, dall'omonima chiesa, che allora si trovava a poca distanza. Essa fu demolita nel 1787, quando la zona ricevette una più conveniente sistemazione.

Nella zona del porto, invece, la difesa attuata mediante le anzidette torri venne integrata con la realizzazione del Corridore, una lunga cortina muraria che si estendeva dal molo traianeo - oggi Molo Nord -fino all`inizio della falesia - oggi nei pressi della Banca d'Italia -, dotata di un marciaronda per l'intera sua estensione. Sul recinto murario si aprivano numerose portelle da cui si accedeva direttamente a dei moletti triangolari. Di tutta questa ingente opera difensiva rimangono diverse tracce, soprattutto sul lato mare: passeggiando per il porto storico, buona parte del Corridore con le relative portelle è ancora visibile. Giova anche qui precisare, però, che le strutture oggi visibili non necessariamente sono databili al XIII secolo: nella maggioranza dei casi si tratta di rimaneggiamenti di epoche successive. Non bisogna infatti dimenticare che fino ad anni abbastanza recenti, il mare batteva direttamente sulle mura cagionando spesso gravi danni alle stesse. Nel dettaglio, partendo dal retro del palazzo RAI, incontriamo un primo tratto di mura - parzialmente camuffato dal primo plesso dei Magazzini Portuali - che termina sull`edificio della Polizia di Frontiera comprendente una delle cinque portelle un tempo esistenti, ovvero la Portella S. Maria. Le demolizioni postbelliche hanno poi cancellato la continuità del recinto abbattendone una porzione per permettere il passaggio dei binari: le mura possono infatti essere rintracciate poco più avanti, dove spicca un altro storico ingresso, Portella Pallunci. Da notare i resti del marciaronda ancora ben evidenti. L'edificazione della nuova Capitaneria di Porto ha sacrificato un altro cospicuo tratto della cinta, la quale è di nuovo visibile nella parte finale del complesso stesso, ridotta a recinzione della relativa zona militare. Utilizzata ancora come passo carrabile, è in questo contesto riconoscibile la Portella Toroleoni. I binari sopra indicati riguadagnano la banchina attraverso un'altra interruzione della cortina muraria, che ricompare poco oltre in un aspetto di totale degrado. Le sistemazioni attuali e precedenti dell'area, tra l'altro, hanno cancellato il tratto di Corridore che ricompare sotto forma di recinzione dello stabilimento Fincantieri. Di qui iniziano i resti meglio conservati e visibili: la cinta corre praticamente senza soluzione di continuità fino a raggiungere l'Arco Clementino. Vale comunque la pena ricordare di nuovo che anche per quest'ultimo scorcio, di medievale c'è rimasto fisicamente ben poco nei materiali di costruzione ma non vi è dubbio che le strutture, seppur parzialmente ricostruite, contribuiscano a renderci l'immagine antica della città.

 

Secolo XIV

Certamente da menzionare, nel corso del Trecento, l'edificazione della Rocca di S. Cataldo sul colle Cappuccini e la Rocca di S. Caterina sull'Astagno. Di entrambe non resta nulla se non il ricordo tramandato dai viaggiatori e dagli storici. A dire il vero, della breve vita della favolosa fortificazione sul colle Cappuccini rimane a testimonianza una vera da pozzo con lo stemma dell'Albornoz. Questa, un tempo collocata nel cortile della Caserma Stamura, è stata trasferita in anni recenti presso il Distretto Militare.

Questione insidiosa è anche trattare delle cinte murarie di questa epoca, data la scarsità di testimonianze pervenuteci e la loro inesistente valorizzazione. L'accavallarsi di molteplici ampliamenti del recinto urbano contribuisce inoltre a rendere arduo tale compito. Un nuovo ampliamento si verificò nel secolo XIV, quando la cinta muraria, partendo dalla fortezza di San Cataldo, discese fino all'attuale piazza Roma e, risalendo dietro la chiesa di San Francesco ad Alto, si congiunse alle fortificazioni di Santa Caterina (nella stessa area della Cittadella, ma precedenti a questa). Di questa epoca da segnalare due siti di particolare interesse che testimoniano una fase spesso trascurata nell'evoluzione muraria di Ancona. Il primo si trova in via Birarelli, nell'area attualmente usata come parcheggio per i dipendenti INRCA, all`interno della quale, con la demolizione delle carceri dopo il terremoto del 1972, è ricomparso un tratto di mura collocabili al Trecento. Si tratta di un breve segmento, per la verità, ma la cinta ricompare senza dubbio nel secondo sito, ovvero in via S. Stefano, seppur celata da una cortina di modemi edifici. Degno di attenzione, come accennato, è il fatto che ci si trovi di fronte una configurazione muraria intermedia tra quella duecentesca e quella trecentesca - della quale si dirà tra poco -, di solito presentate come contigua l'una all'altra. Dai resti di cui si è detto, infatti, si evince facilmente che la cinta non era ancora giunta ad inglobare il Colle dei Cappuccini ma si era invece spinta, sul lato sud, fuori del percorso duecentesco per abbracciare la parte alta dell'Astagno, sulla quale pochi decenni dopo sorgerà la Cittadella del Sangallo. L'incuria cui sono condannati questi interessanti ed antichi resti rende vana ogni possibilità di apprezzamento da parte della cittadinanza; le mura in via Birarelli, disperse un`area già profondamente degradata, sono pericolanti e ingabbiate in una squallida maschera di puntelli metallici e lignei. Nel 1329 fu costruita la porta Calamo, così detta dal nome di una vicina fonte, sostituendo la precedente porta di San Giovanni. Sita allo sbocco di corso Mazzini in piazza Roma, subito dopo le Tredici Cannelle, rimase una delle principali porte urbiche fino al nuovo allargamento dell'abitato cittadino, avvenuto dopo il 1860. Dalla rappresentazione che ne è stata fatta attraverso le stampe e i disegni risulta che la costruzione, sotto il punto di vista architettonico, specie nella facciata interna, aveva ben poco di interessante e che anche quel poco era stato coperto da sovrastrutture, nient'affatto decorose. Altra porta, fu eretta nel 1335 a Capodimonte, a comunicazione con la strada consolare Flaminia, per cui venne chiamata porta Romana. Anche dopo la trasformazione avvenuta nel secolo XIX, il prospetto verso la città conservava arcate a sesto acuto della prima costruzione. Per ulteriori informazioni su porta Capodimonte, si veda la pagina di questo sito dedicata ad essaAltre due porte secondarie si aprirono nello stesso periodo, l'una presso la fortezza di San Cataldo, e fu detta porta di Sant'Antonio, e l'altra presso il convento di San Francesco ad Alto. La porta di Sant'Antonio probabilmente sorgeva nei pressi della chiesa omonima, distrutta dai bombardamenti. Oggi ne rimane il sedime colonizzato dalle piante, contenuto da un anomimo muretto residuato dall'edificio ecclesiastico, di fronte al cancello di ingresso al parco del Cardeto da via del Faro.

 

 

Più avanti...

Altra piccola porta certamente da menzionare è la Portaccia, costruita nel 1629 in prossimità dell'attuale via Cialdini. Tale fornice conduceva all'omonima via della Portaccia, o Sbigiarella. Si intruisce che questo ripida via scendeva rapidamente le rupi dell'Astagno terminando prima nei pressi del Lazzaretto di Santa Lucia e, quando poi venne costruito, presso il settecentesco Lazzaretto del Vanvitelli. Già nel 1679 necessitava di urgente manutenzione; venne demolita dai bombardamenti del 1943.

Il tratto di mura greche in via Volto dei Seniori, presso il Palazzo degli Anziani. La più antica testimonianza cittadina.

Porta Cipriana, che oggi appare solo come un esile archetto, era uno degli accessi alla città greca. In bianco e nero, la situazione prima della Seconda Guerra Mondiale.

Porta San Pietro, o Porta Ferretti, o Arco de Garola

Arco della Prefettura o del Rastrello

Arco Nappi, oggi inserito dentro il complesso della Guardia di Finanza al porto.

Pennocchiara era il nome del torrente che doveva anticamente passare nei pressi del tratto che da piazza Roma scende alle Muse e, comunque, era anche il nome della contrada che si estendeva nella zona che attualmente comprende quella parte di corso Garibaldi che, partendo da piazza Roma, sale fino alla fine di piazza Cavour.

Porta di San Giovanni al Calamo di Ancona

Corso Mazzini, dove si apriva la porta San Giovanni.

Portella Santa Maria e un tratto del Corridore

Portella Pallunci

Mura trecentesce a Largo Belvedere Ancona

Le mura Trecentesche scendono dal colle Cappuccini (ex fortezza di San Cataldo) in prossimità di largo Belvedere. Si nota la cinta più antica con mattoni più chiari e coronamento in pietra e i mattoni più recenti sovrastanti più scuri. Da qui le mura proseguono al baluardo San Pietro e in via Cavorchie.

Le mura Trecentesche in via Birarelli.

Vedute della porta del Calamo da tutte le sue angolazioni dipinte nell'Ottocento dall'anconetano Barnaba Mariotti, oggi conservate presso il Museo della Città.

La Portaccia nell'attuale via Cialdini.

Spettacolare foto fornita da F. Barigelletti della cinta muraria medievale di Ancona in una foto pre-unitaria. La foto è vista da porta Calamo, guardando verso la Cittadella. Appare chiaro perchè oggi la toponomastica ricordi la strada come via Torrioni.

bottom of page